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Decreto Monti: uno scoglio da 200 milioni

Come cambierà la tassa di soggiorno imposta dal Decreto Salva Italia? Mentre questo numero è in stampa, poco è trapelato sul risultato delle votazioni relative agli emendamenti proposti dai Parlamentari. Bisogna però dire che il Governo, sulla questione della tassa di soggiorno della nautica, si è accorto di aver preso una decisione sbagliata e pare voglia rimediarvi. Altro fatto positivo da sottolineare è che per la prima volta c’è stata una condivisione di vedute tra associazioni come Ucina, Assoporti, Federagenti ed altre, che si sono presentate davanti al Governo in modo compatto illustrando i danni del testo del decreto e con una proposta di modifica unisona. Se ancora non sappiamo come verrà modificato il famigerato Articolo 18 del decreto legge, sappiamo che ci sono alcuni concetti su cui riflettere. Prima di tutto è bene sapere che il Governo dalla nautica italiana vuole, o sarebbe meglio dire vorrebbe, recuperare comunque i fatidici 200 milioni di euro che hanno inserito appunto nel Decreto Salva Italia. Questo significa che qualsiasi sia la modifica al testo dell’articolo la cifra finale deve essere sempre di 200 milioni. E questo è il nostro grande scoglio, sicuramente più grande di quello delle Scole che il Comandante Schettino è andato a colpire passando vicino al Giglio. La cifra richiesta è elevata soprattutto se si pensa di ottenerla da un comparto in grave crisi, ma lo è ancora di più se si pensa di mantenere determinati parametri. Infatti probabilmente le modifiche che passeranno saranno quelle di trasformare una tassa di soggiorno in una tassa di possesso, esentando quindi giustamente, gli stranieri che a gran voce avevano già eliminato l’Italia dalla loro cartografia.
Ucina però vuole mantenere certi teorici vantaggi per cui si era battuta durante la stesura del testo originale, ovvero il pagamento dai dieci metri, lo sconto per la vela e i criteri di vetustà. Se per l’ultimo tema ci trova ovviamente concordi, non condividiamo l’idea di escludere dal pagamento le imbarcazioni sotto i dieci metri, i natanti. Se si pagasse una tassa annuale legata ai cavalli fiscali della motorizzaione dell’imbarcazione, riteniamo sarebbe più corretto e permetterebbe un pagamento più equilibrato, e anche più facile da quantificare. Si abolirebbe così il concetto di lunghezza dell’imbarcazione e di sconto per la vela, ma al contempo si otterrebbe un maggiore equilibrio. Uno o due euro a cavallo, partendo dai 45 cv, permetterebbero un maggiore gettito, e soprattutto un introito sicuro.
Ma il problema in Italia come ci ha detto il Senatore Raffaele Ranucci - l’intervista è a pagina 84 - è che “...la nautica è purtroppo associata a ricchezza ed evasione. Quindi è un problema parlarne, perché non è chiaro che la ricchezza legale non è affatto un reato...”. Lo stesso Ranucci ci ha anche dichiarato che di quegli ipotetici 200 milioni di euro, stante così il Decreto Legge, lo Stato realmente non ne recupererà più di 80.
Insomma gli emendamenti presentati al Governo sono stati tanti e tutti con un concetto finale, quello di incentivare il turismo nautico che porta in Italia valuta straniera e assicura sopravvivenza ad un settore già duramente colpito dalla crisi economica. Purtroppo una visione politica e miope di questa situazione non aiuta la nautica italiana, una nautica che comprende indotto, portualità e servizi per un totale di 90.000 posti di lavoro. Questa è la nautica!
Andrea Brambilla