Sono passati oltre
quarata giorni dalla fine del Salone Nautico di Genova, mentre mi appresto a scrivere questo editoriale, e la situazione sul futuro della manifestazione più importante per la nautica italiana
è caduta in mano alla politica. Una situazione che già in altri casi, vedi la famigerata tassa di soggiorno che ha vuotato i porti italiani, non giova mai al nostro comparto. Questa volta la lotta è a livello di Comune, quello di Genova, e non di Governo, ma il problema resta identico. Tra
due litiganti, forse anche tre se si considera Ucina, la nautica resta al palo. Ritengo che la
cantieristica italiana meriti un Salone nel nostro Paese
di alto livello e che sappia attrarre gli armatori stranieri per vedere e possibilmente acquistare i nostri prodotti. Un Salone dove mostrare le nostre eccellenze in un contesto adeguato. Purtroppo senza che gli organizzatori si accorgessero di come stava cambiando il mercato nautico, il Salone di Genova ha perso importanza. La colpa risiede certamente nel
crollo del mercato interno ma anche nell’assenza di visitatori stranieri che sono migrati verso manifestazioni più concrete e facili da visitare.
Le colpe non sono tutte della Fiera di Genova, molto dipende anche da una città che non ha mai avuto - contrariamente alle sue origini - una visione internazionale mentre denuncia carenza di servizi e prezzi che nei dieci giorni del nautico centuplicano. Fiera di Genova ha portato avanti il progetto di un “boat show” che invece non serve più ai
cantieri che vogliono una manifestazione commerciale con costi più contenuti perché sono finiti i periodi delle “vacche grasse”. E per finire non è pensabile vendere degli oggetti da migliaia e migliaia di euro in
strutture fatiscenti ed obsolete prive di servizi come quelle della Fiera. La soluzione per salvare un Salone in Italia di livello internazionale è offrire
cambiamenti drastici che certamente la attuale location non può offrire. Quindi bisogna cambiare sede, ma restare a Genova.
Le altre proposte sono decisamente poco credibili e la conferma è che negli anni non sono mai riuscite a crescere dal livello locale. Il
Presidente di Fiera, Sara Armella e il
Sindaco di Genova, Marco Doria - se non vogliono essere ricordati come le persone che hanno “perso” il Salone - devono venire ai patti e pensare a soluzioni alternative. Magari temporanee, ma decisamente fuori dalla struttura attuale. Restare li sarebbe, anche con un maquiage che risulterebbe comunque costoso, la strada verso la morte del Salone a Genova. Perché, sicuramente in ritardo, i genovesi si sono acccorti dell’
importanza del Salone Nautico e soprattutto della necessità del suo livello internazionale. Perché la nautica italiana, che continua ad essere apprezzata a livello mondiale, dava visibilità e prestigio alla città di Genova come nessuna altra manifestazione con cadenza annuale e soprattutto gratuitamente per la città, anzi guadagnandoci tutti, dai ristoratori al Comune stesso. Ora la “palla” è in mano a loro due:
Armella e Doria devono affrontare la partita consci che forse è il caso di mettere in secondo piano la sfida politica tra i relativi schieramenti politici e pensare al bene della Città e della nautica italiana. Anche perché c’è chi si è offerto di occuparsi della zona della Fiera riqualificandola con uno stadio o delle aree abitative - leggi il petroliere Garrone - mantenendo il padiglione B di Jean Nouvel, costato 40 milioni di euro e attualmente privo di manutenzione, per eventi sempre gestiti da Fiera di Genova, che nel contempo potrebbe anche sviluppare il porto.
Le soluzioni ci sarebbero, la volontà politica ad oggi no. Speriamo a breve perché se entro la fine dell’anno la situazione non si risolve non ci resterà che andare al Salone di Cannes nel 2013.